giovedì 22 maggio 2008

Watergate

Va in pensione il reporter del Watergate

Bob Woodward lascia il "Washington Post". Assieme a Bernstein fece lo scoop che provocò la caduta di Nixon



NEW YORK - Gola Profonda addio. Bob Woodward, il mitico reporter investigativo del Washington Post che nel 1973 rivelò con il collega Carl Bernstein i retroscena dello scandalo Watergate, costringendo il Presidente Richard Nixon a dimettersi, sta per andare in pensione. Insieme ad un centinaio di altri veterani del Post, Woodward ha accettato il piano di pre-pensionamento offertogli dal leggendario quotidiano della capitale.

Dopo aver vinto coi suoi articoli ogni premio giornalistico statunitense, a cominciare dal prestigioso Premio Pulitzer, Woodward ha deciso di gettare la spugna a 65 anni compiuti lo scorso 26 marzo. Una decisione certamente non facile per l'uomo che il decano della CBS Bob Schieffer ha definito "il miglior reporter investigativo di tutti i tempi".

Woodward era entrato al Washington Post nel 1971 come cronista e due anni dopo, insieme a Bernstein, aveva fatto lo storico scoop, smascherando le attività illegali da parte dell'amministrazione Nixon durante la campagna elettorale presidenziale del 1972, e il conseguente tentativo di ostruzione della giustizia da parte dello stesso presidente.

Il suo libro sullo scandalo scritto a quattro mani con Bernstein, - "Tutti gli uomini del presidente" - fu per anni un bestseller e più tardi ispirò l’omonimo film con Robert Redford nei panni di Woodward e Dustin Hoffman in quelli di Bernstein. Era il 1976 e quella pellicola riuscì, da sola, a trasformare i due reporter in superstar, ispirando un'intera generazione di giovani ad intraprendere una carriera improvvisamente ammantata di mito ed eroismo.

Ma negli ultimi tempi il suo nome è stato infangato da non poche polemiche. Tre anni fa la redazione del Post gli ha fatto la guerra quando si è scoperto che per mesi e mesi aveva tenuto nel cassetto i segreti del Cia-gate, lo scandalo sullo smascheramento della spia della Cia Valerie Plame ad opera di gole profonde dell'amministrazione Bush, protetta da Woodward in virtù della sua amicizia "giornalisticamente scorretta" con la Casa Bianca. «Il Cia-gate ha messo a nudo la sua profonda metamorfosi», lo attaccò Jay Rosen, docente di giornalismo alla New York University, «Da Don Chisciotte dell'informazione a giornalista dell'accesso: un insider dei palazzi». Ancora più caustico il columnist anglo-americano Christopher Hitchens che l'accusa di essere «lo stenografo dei ricchi e potenti».

Oltre ad aver creduto ciecamente alla tesi delle armi di distruzione di massa promossa dal presidente Bush per "vendere" la guerra in Iraq, avrebbe più volte abdicato al suo leggendario spirito critico per assicurarsi l'accesso nei palazzi del potere, Casa Bianca in testa. Woodward ha intervistato Bush ben quattro volte per un totale di oltre sette ore: un record senza precedenti che gli è fruttato tre dei suoi 12 besteller: Bush at War (2002), Plan of Attack (2004), e State of Denial: Bush at War, Part III (2006). Due anni fa il critico dei media del suo stesso giornale, Howard Kurtz, lo accusò di aver tenuto nel cassetto per mesi numerosi scoop invece di darli al Post, per usarli più tardi nei suoi lucrosi libri.
Alessandra Farkas
22 maggio 2008



Nessun commento: